La Basilica Santuario di Santa Maria di Leuca è considerata in assoluto tra i primi luoghi di culto dedicati alla Madonna: la tradizione agiografica vuole sia stato San Pietro, nel suo viaggio verso Roma del 43 d.C. a convertire un precedente tempio pagano eretto in onore di Minerva, come ricorda un’epigrafe posta all’ingresso della Basilica.
L’intero promontorio japigio divenne punto di riferimento delle prime forme di eremitaggio, come testimoniano le numerose grotte e laure, e di frequentazione da parte di un universo di uomini illustri, santi, pontefici, crociati e folle di pellegrini provenienti dall’Europa e dalle sponde del Mediterraneo.
Un crocevia di culture del mediterraneo, meta di pellegrini da ogni parte della terra
Ricostruito ogni volta, fino alla veste attuale del 1722, il Santuario continua ad occupare l’estremità di un’area situata al centro delle rotte mediterranee, primo porto d’approdo dalla Terrasanta, continuando a rappresentare un crocevia di popoli, di culture e di religioni, meta di pellegrini da ogni parte della terra.
In cammino, seguendo la stella di Leuca
Non può dunque apparire un caso se “Cammini di Leuca” ha adottato la stella come simbolo, unito ad una freccia che indica il cammino.
Per proseguire la tradizione all’accoglienza che nel Salento fu svolta inizialmente dai monaci giunti da Oriente per sfuggire alla disputa iconoclasta che sparigliò la Grecia nel secoli VIII e IX, poi da altri provenienti dalla Sicilia conquistata dagli arabi.
Ma anche per offrire ai viaggiatori contemporanei, viandanti e pellegrini, supporto e conforto nel lento attraversare i territori, a piedi, in bicicletta o a cavallo.
Esattamente come i pellegrini medievali – che intraprendevano il cammino verso una meta sacra della cristianità con la piena consapevolezza delle fatiche e dei pericoli, privilegiando la strada più diretta e sicura, cercando informazioni e opportunità di ricovero e di preghiera presso conventi e comunità monastiche lungo il cammino – ancora oggi chi si incammina verso “De Finibus Terrae” chiede accoglienza, assistenza, ospitalità e ristoro. Ma anche esperienze di vita, narrazioni coinvolgenti, attrezzature e servizi adeguati.